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domenica 23 marzo 2014

I giganti di Monte Prama

Finalmente di nuovo in piedi  ed esposti alla ammirazione di tutti!
Dopo tremila anni dalla loro realizzazione ed esattamente dopo quarant’anni dal loro ritrovamento, hanno da ieri trovato spazio nel Museo Archeologico Nazionale di Cagliari e nel Museo Civico di Cabras i Giganti di Monti Prama*,  i Kolossoi  – nome con il quale li chiamava l’archeologo Giovanni Lilliu - rinvenuti nell'Heroon di Monte Prama, l'area funeraria e monumentale che rappresenta in assoluto una delle scoperte archeologiche più straordinarie, per il numero, la particolarità dei reperti e il significato culturale dell’intero contesto.
La Calabria infatti ha i suoi Bronzi di Riace, la Cina il celeberrimo «esercito di terracotta», ma anche la Sardegna può da oggi mostrare le sue Prende ’e zenia, ovvero «gioiello di un popolo»: così giustamente si è voluto intitolare il progetto di restauro di queste figure colossali scolpite nella pietra calcarea locale, la cui altezza varia tra i 2 e i 2,5 metri.


Le statue sono state trovate per caso tra il 1974 e il 1979,  spezzate in numerosi frammenti; dal 2007 al 2012, il Centro di Conservazione Archeologica di Roma nel Centro di Restauro regionale di Li Punti, a Sassari,  ha assemblato i 5178 reperti provenienti dalle campagne di scavi e dai recuperi, per un peso complessivo di dieci tonnellate e 38 sculture sono state montate su particolari strutture portanti per permettere il lavoro di ricomposizione.


Caratteristica comune alle statue è la resa del volto e in particolare degli occhi.
Due cerchi concentrici, unitamente ad una fronte molto prominente che scende su un naso stilizzato e pronunciato, rendono lo sguardo delle statue magnetico e severo e trasformano l’incontro con gli occhi del visitatore in un’esperienza indimenticabile.




I colossi erano stati abbattuti e volutamente ridotti in frantumi, sparsi intorno a una serie di tombe; erano accompagnati da modellini di nuraghi altrettanto colossali, alti anche un metro e 80; certamente vennero distrutti dopo la sconfitta del popolo che li aveva costruiti. Qualcuno distrusse le statue "con furia diabolica": Chi fu? Perché? Non lo sappiamo.
Così come nessuno sa ancora dirci, con assoluta certezza,  a cosa servissero, che cosa proteggessero, quando, come e dove fosse originariamente disposta quella  serie di statue in arenaria, alte fino a due metri, che raffiguravano pugili, arcieri e guerrieri; sono infatti un unicum assoluto tra le civiltà del Mediterraneo. E forse potrebbero dare un’immagine diversa alle ancora misteriose culture della protostoria sarda.
Eroi di un passato mitico a guardia delle sepolture, numi tutelari della comunità che abitava quelle terre, defunti divinizzati dopo la morte? Chi fossero in realtà i giganti di Monte Prama con il loro grandi occhi rotondi è ancora un mistero.

I bronzetti sardi furono la fonte d'ispirazione per la loro realizzazione, oppure – se la datazione certa dei reperti fosse spostata dall'VIII secolo a.C. al IX o addirittura al X secolo a.C. ( ipotesi che potrebbero farne fra le più antiche statue a tutto tondo del bacino mediterraneo, in quanto antecedenti alle sculture arcaiche della Grecia antica) -  sono queste stesse statue ad aver ispirato la realizzazione dei bronzetti?


In attesa della risoluzione del mistero, accontentiamoci  da oggi di poter ammirare nelle due mostre allestite appositamente a Cagliari, nella Cittadella dei Musei, e a Cabras, nel Museo Civico, una parte delle 28 statue restaurate.
Le mostre riservano al visitatore diverse sorprese, in particolare un sistema multimediale innovativo creato in collaborazione con il CRS4 che consente la visualizzazione particolareggiata a grandezza naturale delle statue e dei modelli di nuraghe restaurati.


Le statue, “specchio di un sistema sardo di cultura eccellente e competitivo”, come le ha definite Giovanni Lilliu, sono da oggi  restituite stabilmente alla Sardegna e potranno riaffermare il loro immaginario messaggio:




* Il toponimo Monte 'e Prama significa in lingua sarda "Monte delle Palme", probabilmente dovuto al fatto che la località era ricoperta da palme nane, un tempo abbondanti nel Sinis (Oristano)

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