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giovedì 22 settembre 2016

SAN MAURIZIO, Patrono di Calasetta

Un bel canto di gioia e d’amore
su concordi sciogliamo a Maurizio
Egli è l’astro che ancora propizio
nel sentiero ci scorge del Ciel.
La Tua luce Celeste Patrono
ne sublima, ne scalda gli affetti
virtù e ardore ci infonde nei petti
al Signore ci guida fedel.
(INNO DELLA CITTA’ DI SAN MAURIZIO CANAVESE)


22 settembre

PATRONO DI CALASETTA


Si festeggia, oggi 22 settembre, a Calasetta la Festa del Santo Patrono, San Maurizio.

Nel 1769 un gruppo di tabarchini, cioè di pegliesi e liguri che da generazioni vivevano nell'isolotto di Tabarca, presso Tunisi, per la pesca del corallo e che, dopo un assalto da parte del figlio del Bey di Tunisi avevano subito schiavitù e dispersione, chiese al governo sabaudo di potersi trasferire nell'isola di S.Antioco.
Accolta la richiesta, fu incaricato dell'infeudazione l'Ordine Cavalleresco dei SS.Maurizio e Lazzaro che firmò i capitoli della convenzione il 6 settembre 1770. In quegli stessi giorni i tabarchini poterono mettere piede nell'isola. La pianta cittadina a forma di reticolo fu disegnata dal luogotenente dell'artiglieria Pietro Belly, al quale é intitolata l'attuale piazza principale cittadina, dove sorge il municipio.

Fu il vescovo di Iglesias, il piemontese Ignazio Gautier, a scegliere S.Maurizio quale patrono di Calasetta nel 1773, rendendo omaggio in quel modo all'Ordine Mauriziano che aveva guidato e sostenuto l'opera di colonizzazione del territorio Calasettano.




L’Ordine fu  infatti determinante nella fondazione di Calasetta, trasferendo con le proprie navi e scortando coi propri Cavalieri 38 famiglie di ex pescatori Tabarchini di origine ligure  che due anni prima avevano chiesto a Re Carlo Emanuele III° di Savoia di potersi trasferire in Sardegna, aiutandoli nell’insediamento e nelle prime necessità.
Molti Cavalieri lavorarono per questo progetto, costruendo diverse abitazioni, fabbricati rurali e scavando pozzi, e non pochi altri Cavalieri intervenirono con cospicue e spontanee donazioni.



A San Maurizio fu quindi dedicata la chiesa parrocchiale ultimata nel 1839, e pare che proprio il 22 settembre di quello stesso anno si celebrasse solennemente la prima festa, che giungerebbe, pertanto,  quest'anno alla sua 177° edizione.

Come ogni anno, il momento culminante della festa è rappresentato dalla processione serale, alla quale partecipa in pratica tutta la popolazione. Il corteo è aperto da un numeroso gruppo di giovani a cavallo vestiti da legionari romani, che rappresentano i cavalieri della Legione Tebana, compagni di Maurizio, con Lui martirizzati. Seguono, dietro il proprio stendardo, tutte le associazioni religiose parrocchiali, ultima quella intitolata a San Maurizio. Un gruppo di ragazzi indossa la tunica bianca con fascia rossa, come usavano un tempo gli aderenti a quella confraternita. Seguono altri giovani vestiti con l'abito dei cavalieri dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro ed altri ancora in abiti d'epoca, che rappresentano i Tabarchini e i Piemontesi che diedero origine alla popolazione di Calasetta. 

p.s. 
...Lo sapevate che..

1) 
San Maurizio è:
Patrono del Sacro Romano Impero;
Patrono della Real Casa Savoia;
Patrono dell’Ordine Equestre dei Santi Maurizio e Lazzaro;
Patrono degli Alpini;
Patrono dei tintori (per via della sua pelle scura essendo di origini egizie. In altre epoche si pensava che una persona di colore altro non fosse che un bianco tinto. Eccone la motivazione!);
Protettore dei soldati;
Patrono della Svizzera

2)
San Maurizio è santo patrono di diverse località in Italia e all'estero
in particolare è patrono dei seguenti comuni italiani:
Acuto (FR);Borgofranco d'Ivrea (TO);Brusson (AO); Calasetta (CI);Cassano Magnago (VA);Castelnuovo di Ceva (CN);Coccaglio (BS);Colzate (BG);Campodenno (TN);Desana (VC);Fénis (AO);Gignese (VB);Incudine (BS);Losine (BS);Maglione (TO);Montalbano Jonico (MT);Montemurro (PZ) compatrono;Neirone (GE);Pianello Val Tidone (PC) compatrono;Ponte in Valtellina (SO);Redondesco (MN):Riva Ligure (IM);Roasio (VC);Roccaforte Mondovì (CN) compatrono;San Maurizio al Lambro (MI);San Maurizio Canavese (TO);San Maurizio d'Opaglio (NO);Sarre (AO);Schiavi di Abruzzo (CH);Segno (Vado Ligure) (SV);Solbiate Arno (VA);Terzo (AL);Vedano Olona (VA);Villar Pellice (TO);Vocca (VC).

3)
Anche San Maurizio era un moro
L'isola di Sant'Antioco ha due comuni: Sant'Antioco e Calasetta, ed entrambi hanno un patrono martire e di pelle scura. A volte san Maurizio è rappresentato come un moro, il che rispecchia il significato del suo nome. Sembra, però, che solo a partire dal 1240 san Maurizio viene rappresentato in questo modo. Prima di allora era stato rappresentato con la pelle chiara. A causa di questa discrepanza, Maurizio viene rappresentato con caratteristiche di diversi gruppi etnici, a seconda del tempo in cui l'immagine fu prodotta. Le immagini di san Maurizio nella cattedrale di Magdeburgo lo rappresentano con la pelle scura. Esistono delle prove che indicano che Maurizio fosse egiziano. Il nome copto Maurikios compare nei papiri ed è identico al nome romano Mauritius; potrebbe tuttavia essere stato un nubiano, o di discendenza mista egiziana e nubiana.



4)
San Maurizio è molto venerato in altri Comuni sardi,
pur non essendone patrono, in particolare a Sassari (è patrono del Gremio dei Macellai di questa città) e ad Ittiri (SS).








domenica 11 settembre 2016

LA CONCHIGLIA

In questi giorni si moltiplicano le notizie di controlli e fermi di turisti che portano via dalle spiagge sarde sacchetti di sabbia rosa o di chicchi di quarzo bianchissimo, valve di molluschi e di pinna nobilis e quant'altro.
Queste notizie mi hanno fatto ricordare un bel racconto trovato tempo fa sul web, che ho conservato e deciso di riproporlo, anche se un pò lungo...! Chissà non possa contribuire a far riflettere coloro che continuano a depredare, molte volte in modo stupido, i migliori angoli della nostra terra!





C'era una volta, su una spiaggia, una bellissima conchiglia fatta di sabbia e madreperla, a forma di cono e tutta arabescata con volute e curve sinuose che nessuno scultore al mondo avrebbe mai potuto immaginare.
La conchiglia se ne stava sola e malinconica sulla battigia: era lì da anni, centinaia di anni ed ormai conosceva tutto di quella spiaggia.
Sapeva il nome di ogni granello di sabbia ed aveva visto passare intere dinastie di tartarughe che, ogni anno, venivano sulla spiaggia a depositare le uova. La conchiglia parlava volentieri con loro e col vento.
Amava parlare soprattutto col vento, amava sentire la sua calda voce che raccontava le cose che aveva visto in giro per il mondo. 
Una volta il vento le aveva detto che in un posto del mondo c'erano degli strani esseri che prendevano le conchiglie belle come lei e le trattavano come fossero principesse: le pulivano accuratamente, le mettevano tutte ben disposte in scatole di legno con il coperchio di vetro, toglievano loro la polvere ogni giorno e tante più ne avevano, tanto più si vantavano con gli altri e parevano essere felici.
Passavano i giorni e la conchiglia pensava sempre a quello che aveva detto il vento, a quei posti nuovi e a quelle persone felici solo di guardare le conchiglie ed accudirle.
E a forza di pensare decise che sarebbe andata in giro per il mondo a cercare qualcuno da rendere felice, qualcuno che si occupasse di lei, che la spolverasse e accarezzasse ogni giorno.


Decisa a partire chiese al vento di portarla via, ma il vento le rispose: "Amica mia, sei troppo pesante e non riuscirei a sostenerti con il mio soffio per tutta la durata del viaggio, però ti posso aiutare a raggiungere la riva e chiedere alla mia amica onda di portarti dove vuoi."
La sospinse vicino alla riva e chiamò l'onda più bella e alta che conosceva: l'onda arrivò e si fermò a pochi passi dalla riva, fece conoscenza con la conchiglia e accettò di portarla con sé nei suoi viaggi per il mare.
"Salta su - le disse - e tieniti forte che si parte!"
Il vento adagiò la conchiglia sulla groppa dell'onda e salutò le due amiche che partirono verso occidente seguendo la corrente.
Sulla cresta dell'onda la conchiglia sentiva la calda brezza estiva che la accarezzava: non si era mai mossa dalla sua spiaggia e finora non aveva mai visto il mare dall'alto di un'onda. Tutte queste novità la riempivano di euforia e di sensazioni che non aveva mai provato prima; era bello, eppure era anche terribile pensare di essere affidata ad un'onda, un'insieme di acqua, nulla di solido come il corallo o gli alberi o la sabbia.
Che strano doversi affidare a qualcosa senza forma solida per poter viaggiare liberamente. Che strano...
L'onda la portò a lungo in giro per il mare, ed infine la portò di nuovo sulla terraferma, su una spiaggia dove di solito gli strani esseri che amavano le conchiglie venivano a cercarle.
"Siamo arrivati - le disse l'onda - ora ti poserò sulla riva e vedrai che tra breve arriverà qualcuno a prenderti per accudirti ed essere felice di guardarti e mostrarti agli amici. Io ritorno a girare per il mare, ma, di qualsiasi cosa dovessi avere bisogno, affida un messaggio alle mie sorelle o al vento e tornerò da te."
"Grazie - rispose la conchiglia - grazie del passaggio e della tua amicizia. Addio."
La conchiglia si voltò in direzione del sole e si preparò ad aspettare uno di quegli esseri strani che amavano le conchiglie.

Poco dopo ne arrivò uno, con uno strano abbigliamento morbido, ben diverso dalla madreperla di cui era vestita lei e la conchiglia capì subito perché quegli esseri amavano le conchiglie. Lo strano essere aveva un contenitore in cui la sistemò dopo averla guardata a lungo stupito e con gli occhi colmi di gioia. Allora era vero: anche una conchiglia poteva essere fonte di felicità!
Il cuore della conchiglia batteva a mille all'ora e batté ancora più forte quando l'uomo la estrasse dal contenitore e iniziò a pulirla delicatamente con un pennellino.
"Com'é delicato - pensava la conchiglia - si vede che deve tenere molto a me. Come sono felice!"
Dopo averla pulita l'uomo la mise in una di quelle scatole col coperchio di vetro di cui la conchiglia aveva sentito parlare, una bella scatola col fondo di morbido velluto rosso. La mise al centro della scatola, tra poche altre conchiglie belle quasi come lei, tutte pulite e ben ordinate.
Passavano i giorni e ogni tanto l'uomo veniva a guardare le sue conchiglie e portava degli altri uomini a vederle e si vantava con loro di quante ne avesse e quanto fossero belle e specialmente quest'ultima che aveva trovato, che era la più bella e luminosa di tutte e diceva a tutti quanto fosse orgoglioso di lei .
La conchiglia gongolava dentro di sé, gioiva e si illuminava sempre di più.
Passò altro tempo, e mano a mano che il tempo passava la conchiglia si abituò alle visite del'uomo e ad esser pulita ed accudita, a volte da lui o da un altro essere che lui chiamava "Cara" o da un altro essere più piccino che entrambi chiamavano "Piccolo".
Piano piano, però, si rese conto di non essere l'unica causa di felicità di quelle persone e che, quando erano tristi, lei non ci poteva fare nulla e questa cosa la faceva stare male.
Più passava il tempo e più la conchiglia perdeva il gusto di essere accudita: non le interessava più essere al centro dell'attenzione, se doveva, in cambio, restare chiusa in una scatola senza sentire più la calda brezza estiva sulla pelle e senza poter vedere la luce del sole.

Lentamente si rese conto di aver barattato la propria libertà con una impressione di felicità, ma soprattutto con l'idea di poter essere la causa di felicità di qualcuno. Si stava rendendo conto che non era così, che il suo potere era assai limitato e che per esercitare quel poco potere, aveva rinunciato alla libertà.
Il giorno dopo il "piccolo" venne per pulire le conchiglie e vide che il velluto su cui era posata l'ultima conchiglia - la più bella - era bagnato. La sollevò e vide che la conchiglia era bagnata: da due piccole fessure tra le volute stavano uscendo grosse gocce d'acqua e, tenendola in mano, la conchiglia pareva sussultare delicatamente.
Come sapete i bambini sentono e possono fare molte più cose degli adulti, così il bambino la avvicinò all'orecchio e la sentì piangere e si rattristò per quella conchiglia così bella eppure così triste.


La guardò e le chiese "Perché piangi?". La conchiglia rispose singhiozzando: "Mi sento in gabbia: pensavo di poter essere felice dando la felicità a qualcuno e invece ho perso la mia libertà e non ho fatto felice nessuno, se non per pochi istanti."
"Ma tu hai fatto felice mio padre, mia madre e me e doni felicità a tutti quelli che vengono per vedere la tua bellezza, le tue forme e i tuoi colori e per questo sei tenuta pulita, spolverata e sei adagiata su un morbido panno di velluto." disse il bambino.
La conchiglia singhiozzando rispose: "E' vero, ma sono solo pochi istanti. E poi non sono io la causa della loro felicità, anche se la mia bellezza la può accendere. E mi vedono solo le persone che volete voi. E tutte le altre? E il caldo vento che mi accarezzava e mi toglieva la sabbia di dosso al tramonto dove é finito? Non lo sento più chiusa dentro la scatola di legno e vetro! Mi manca il mare e non sento più il rumore delle onde e i gabbiani che volano felici nel cielo! Oh, il rumore del mare e della risacca, quanto mi manca..."
Il bambino si commosse al sentire il dolore e la solitudine della conchiglia e le chiese: "Piccola compagna cosa posso fare per porre fine alla tua tristezza?" 
E la conchiglia rispose: "Riportami sulla spiaggia di modo che io possa ritrovare la mia amica onda e riacquistare la mia libertà ."
"Ma io non ti rivedrò più! E non voglio che sia così!" rispose il bambino.
"Se davvero mi vuoi bene lasciami libera, sennò ne morirò e  tu mi perderai comunque e nessuno potrà più gioire della mia bellezza e poi, chissà, forse un giorno potremmo rincontrarci."
Il bambino pianse a lungo insieme alla conchiglia, ma poiché, come tutti i bambini era saggio, la portò fino sulla riva del mare e lì la lasciò.
Si allontanò un poco e stette a guardare e quello che vide fu un'onda meravigliosa avvicinarsi a riva e fermarsi a pochi passi senza frangersi. Gli pareva quasi che l'onda e la conchiglia parlassero, mentre intorno tutto pareva essersi fermato, finché un alito di vento sollevò la conchiglia e la adagiò sulla cresta dell'onda che si voltò e si diresse verso il mare aperto.
Durante il tragitto la conchiglia raccontò all'onda ciò che era successo e come la cosa che la facesse più soffrire nella prigione di legno e vetro fosse il silenzio e il non sentire più il rumore del mare.
Commosso da ciò il mare, quello stesso giorno donò a tutte le conchiglie un po' di sé per fare in modo che quelle prese dagli uomini si sentissero un po' meno sole.
E' per questo che, ancora oggi, appoggiando una conchiglia all'orecchio si può sentire il rumore della risacca: quel suono é il dono che il mare ha fatto al popolo delle conchiglie per alleviare la loro solitudine nella prigionia delle scatole degli uomini. 


Nel frattempo il bambino é cresciuto, é diventato un uomo senza aver bisogno di diventare per forza adulto e, ricordandosi della sua conchiglia, é cresciuto forte e saggio. 

Oggi é il più grande collezionista di conchiglie del mondo.
In tutto l'universo non ce n'è uno uguale: ha la più grande e bella collezione di conchiglie che esista e ... che tiene sparsa sulle spiagge di tutto il mondo.


venerdì 5 agosto 2016

domenica 15 maggio 2016

Pinuccio Sciola - Un piccolo ricordo

Sant’Antioco, Aprile 1988

Pinuccio Sciola qualche anno prima aveva realizzato a Sant’Antioco, proprio nella facciata laterale dell’ex lavatoio, recentemente “recuperata” a questa forma artistica, un bellissimo murales poi improvvidamente fatto scomparire alla fine degli anni ’90. Aveva, in precedenza, realizzato un murales nella facciata del nuovo municipio di Tratalias (le pietre - la Sardegna - intrappolate dal filo spinato… ), anche questo sconsideratamente scomparso…, e allestito con sue sculture alcuni giardini pubblici nel Sulcis (Giba, Teulada..). L’anno precedente aveva allestito una mostra delle sue sculture a Santa Teresa di Gallura, una mostra “diffusa” su tutto il territorio comunale, di grande effetto.


Profittando degli ottimi rapporti personali con l’assessore della cultura e pubblica istruzione dell’epoca (Lello Asunis) fu invitato a Sant’Antioco per cercare di riproporre la stessa mostra di Santa Teresa nella nostra isola.
Si presentò nell’ufficio del Sindaco, in un giorno di primavera, di primo mattino; era scalzo, vestito con la sua solita apparente trasandatezza, e stette ad ascoltare, con grande cordialità e attenzione,  le richieste che gli venivano fatte. Quando spettò a lui parlare, rimase per un attimo senza parole: si capiva che trovava difficoltà a rispondere, temendo forse di apparire arrogante, spocchioso, poco educato; alzandosi quasi di scatto, uscì dall'ufficio, dicendo solo “ritorno subito”. Dopo qualche minuto rientrò: aveva preso dalla sua macchina alcuni libri che depose, senza dir nulla, sulla scrivania del Sindaco; si trattava dei cataloghi, ricchi volumi, ricercati dal punto di vista tipografico ed editoriale, delle sue ultime mostre (quelle allestite alla Rotonda di Besana e Piazza degli Affari a Milano del 1984,  alla Quadriennale di Roma del 1985, in una grande mostra itinerante nelle più importanti città della Germania fra il 1986 ed il 1987, e per ultima  quella di Santa Teresa).
Attese che fossero consultate (direi, ammirate) dai presenti ed infine disse: “Mio malgrado, forse, ora io sono questo….sono a questi livelli…e fare una mia mostra, a questi livelli, necessita di una programmazione di alcuni anni, di un costo notevole, di un allestimento che richiede tempo e spesa che io non voglio che voi dobbiate sopportare. Non posso impegnarmi ad allestire una mia mostra con poca spesa e con due mesi di tempo….”. Fu difficile dargli torto: eravamo decisamente in un’altra dimensione!
Fu però estremamente gentile e si rese disponibile ad esaminare qualcosa di alternativo, ma ogni ipotesi risultò poco compatibile rispetto a suoi precedenti impegni assunti e non fu possibile fare nulla.
Quell'estate l’Amministrazione Comunale organizzò a Sant'Antioco una mostra dei disegni di Franco Putzolu, il quale, arrivato in paese per portare le sue opere e per allestire la mostra, portò anche – a sorpresa – una scatola che gli aveva consegnato Pinuccio Sciola: conteneva una decina di statuine in terracotta da lui realizzate e consegnate a Putzolu perché fossero esposte nella mostra insieme ai suoi quadri e disegni; terrecotte mai prima di allora esposte al pubblico, che Pinuccio Sciola creava quasi solo per suo personale diletto, riproducendo personaggi “importanti” del suo paese (Is Prinzipales), ma anche e soprattutto persone comuni, agricoltori, pastori, diseredati: un omaggio da parte dell’artista alla sua gente, alle persone che lo avevano visto crescere, consigliato, aiutato e che erano state ispirazione artistica per le sue opere d’arte. Solo dopo molti anni, completata la realizzazione con altri pezzi, le terrecotte furono raccolte in un catalogo fotografico ed in una mostra con il titolo “Genti de bidda mia” (Gente del mio paese), che Pinuccio continuò a realizzare e custodire gelosamente a casa sua.


Riporta un bell'articolo che racconta di una visita a casa del Maestro e pubblicato su questa pagina in rete: http://www.sardiniafashion.com/events/pinucciosciola/index.asp 
"La sala da pranzo è circondata da tante piccole opere. Scopriamo all'interno di una cassa delle bellissime terrecotte. Lo Sciola dei murales e delle sculture parlanti è anche maestro nella lavorazione delle argille. Sono figure simbolo di una Sardegna contadina: uomini temperati dal tempo, con la faccia masticata dal sole, che dialogano tra loro.”


Aver concesso a Sant'Antioco il privilegio di esporle, in anteprima assoluta, fu un piccolo, prezioso e graditissimo omaggio al nostro paese, non richiesto e forse anche immeritato.
Il regalo di un artista grandissimo, ma soprattutto da un uomo di una semplicità disarmante, lontanissima dall’ego ipertrofico che ti aspetteresti da un personaggio di grandissima fama e successo, ed invece umile, disponibile, grande come persona almeno quanto grande è la sua arte.

Grazie ancora, anche oggi per allora, Maestro!