In questi giorni si moltiplicano le notizie di controlli e fermi di turisti che portano via dalle spiagge sarde sacchetti di sabbia rosa o di chicchi di quarzo bianchissimo, valve di molluschi e di pinna nobilis e quant'altro.
Queste notizie mi hanno fatto ricordare un bel racconto trovato tempo fa sul web, che ho conservato e deciso di riproporlo, anche se un pò lungo...! Chissà non possa contribuire a far riflettere coloro che continuano a depredare, molte volte in modo stupido, i migliori angoli della nostra terra!
C'era una volta, su una spiaggia, una bellissima
conchiglia fatta di sabbia e madreperla, a forma di cono e tutta arabescata con
volute e curve sinuose che nessuno scultore al mondo avrebbe mai potuto
immaginare.
La conchiglia se ne stava sola e malinconica sulla battigia: era lì da anni,
centinaia di anni ed ormai conosceva tutto di quella spiaggia.
Sapeva il nome di ogni granello di sabbia ed aveva visto passare intere
dinastie di tartarughe che, ogni anno, venivano sulla spiaggia a depositare le
uova. La conchiglia parlava volentieri con loro e col vento.
Amava parlare soprattutto col vento, amava sentire la sua calda
voce che raccontava le cose che aveva visto in giro per il mondo.
Una volta il vento le aveva detto che in un posto del mondo
c'erano degli strani esseri che prendevano le conchiglie belle come lei e le
trattavano come fossero principesse: le pulivano accuratamente, le mettevano
tutte ben disposte in scatole di legno con il coperchio di vetro, toglievano loro
la polvere ogni giorno e tante più ne avevano, tanto più si vantavano con gli
altri e parevano essere felici.
Passavano i giorni e la conchiglia pensava sempre a quello che aveva detto il
vento, a quei posti nuovi e a quelle persone felici solo di guardare le
conchiglie ed accudirle.
E a forza di pensare decise che sarebbe andata in giro per il mondo a cercare
qualcuno da rendere felice, qualcuno che si occupasse di lei, che la
spolverasse e accarezzasse ogni giorno.
Decisa a partire
chiese al vento di portarla via, ma il vento le rispose: "Amica mia, sei
troppo pesante e non riuscirei a sostenerti con il mio soffio per tutta la
durata del viaggio, però ti posso aiutare a raggiungere la riva e chiedere alla
mia amica onda di portarti dove vuoi."
La sospinse vicino alla riva e chiamò l'onda più bella e alta
che conosceva: l'onda arrivò e si fermò a pochi passi dalla riva, fece
conoscenza con la conchiglia e accettò di portarla con sé nei suoi viaggi per
il mare.
"Salta su - le disse - e tieniti forte che si parte!"
Il vento adagiò la conchiglia sulla groppa dell'onda e salutò le due amiche che
partirono verso occidente seguendo la corrente.
Sulla cresta dell'onda la conchiglia sentiva la calda brezza estiva che la
accarezzava: non si era mai mossa dalla sua spiaggia e finora non aveva mai
visto il mare dall'alto di un'onda. Tutte queste novità la riempivano di
euforia e di sensazioni che non aveva mai provato prima; era bello, eppure era
anche terribile pensare di essere affidata ad un'onda, un'insieme di acqua,
nulla di solido come il corallo o gli alberi o la sabbia.
Che strano doversi affidare a qualcosa senza forma solida per
poter viaggiare liberamente. Che strano...
L'onda la portò a lungo in giro per il mare, ed infine la
portò di nuovo sulla terraferma, su una spiaggia dove di solito gli strani
esseri che amavano le conchiglie venivano a cercarle.
"Siamo arrivati - le disse l'onda - ora ti poserò sulla riva e vedrai che
tra breve arriverà qualcuno a prenderti per accudirti ed essere felice di
guardarti e mostrarti agli amici. Io ritorno a girare per il mare, ma, di
qualsiasi cosa dovessi avere bisogno, affida un messaggio alle mie sorelle o al
vento e tornerò da te."
"Grazie - rispose la conchiglia - grazie del passaggio e della tua
amicizia. Addio."
La conchiglia si voltò in direzione del sole e si preparò ad aspettare uno di
quegli esseri strani che amavano le conchiglie.
Poco dopo ne arrivò uno, con uno strano abbigliamento morbido,
ben diverso dalla madreperla di cui era vestita lei e la conchiglia capì subito
perché quegli esseri amavano le conchiglie. Lo strano essere aveva un
contenitore in cui la sistemò dopo averla guardata a lungo stupito e con gli
occhi colmi di gioia. Allora era vero: anche una conchiglia poteva essere fonte
di felicità!
Il cuore della conchiglia batteva a mille all'ora e batté ancora più forte
quando l'uomo la estrasse dal contenitore e iniziò a pulirla delicatamente con
un pennellino.
"Com'é delicato - pensava la conchiglia - si vede che deve tenere molto a
me. Come sono felice!"
Dopo averla pulita l'uomo la mise in una di quelle scatole col coperchio di
vetro di cui la conchiglia aveva sentito parlare, una bella scatola col fondo
di morbido velluto rosso. La mise al centro della scatola, tra poche altre
conchiglie belle quasi come lei, tutte pulite e ben ordinate.
Passavano i giorni e ogni tanto l'uomo veniva a guardare le sue conchiglie e
portava degli altri uomini a vederle e si vantava con loro di quante ne avesse
e quanto fossero belle e specialmente quest'ultima che aveva trovato, che era
la più bella e luminosa di tutte e diceva a tutti quanto fosse orgoglioso di
lei .
La conchiglia gongolava dentro di sé, gioiva e si illuminava sempre di più.
Passò altro tempo, e mano a mano che il tempo passava la conchiglia si abituò
alle visite del'uomo e ad esser pulita ed accudita, a volte da lui o da un
altro essere che lui chiamava "Cara" o da un altro essere più piccino
che entrambi chiamavano "Piccolo".
Piano piano, però, si rese conto di non essere l'unica causa di felicità di
quelle persone e che, quando erano tristi, lei non ci poteva fare nulla e
questa cosa la faceva stare male.
Più passava il tempo e più la conchiglia perdeva il gusto di essere accudita:
non le interessava più essere al centro dell'attenzione, se doveva, in cambio, restare
chiusa in una scatola senza sentire più la calda brezza estiva sulla pelle e
senza poter vedere la luce del sole.
Lentamente si rese conto di aver barattato la propria libertà con una
impressione di felicità, ma soprattutto con l'idea di poter essere la causa di
felicità di qualcuno. Si stava rendendo conto che non era così, che il suo
potere era assai limitato e che per esercitare quel poco potere, aveva
rinunciato alla libertà.
Il giorno dopo il "piccolo" venne per pulire le
conchiglie e vide che il velluto su cui era posata l'ultima conchiglia - la più
bella - era bagnato. La sollevò e vide che la conchiglia era bagnata: da due
piccole fessure tra le volute stavano uscendo grosse gocce d'acqua e, tenendola
in mano, la conchiglia pareva sussultare delicatamente.
Come sapete i bambini sentono e possono fare molte più cose degli adulti, così
il bambino la avvicinò all'orecchio e la sentì piangere e si rattristò per
quella conchiglia così bella eppure così triste.
La guardò e le chiese "Perché piangi?". La conchiglia rispose
singhiozzando: "Mi sento in gabbia: pensavo di poter essere felice dando
la felicità a qualcuno e invece ho perso la mia libertà e non ho fatto felice
nessuno, se non per pochi istanti."
"Ma tu hai fatto felice mio padre, mia madre e me e doni felicità a tutti
quelli che vengono per vedere la tua bellezza, le tue forme e i tuoi colori e
per questo sei tenuta pulita, spolverata e sei adagiata su un morbido panno di
velluto." disse il bambino.
La conchiglia singhiozzando rispose: "E' vero, ma sono solo pochi istanti.
E poi non sono io la causa della loro felicità, anche se la mia bellezza la può
accendere. E mi vedono solo le persone che volete voi. E tutte le altre? E il caldo vento che mi
accarezzava e mi toglieva la sabbia di dosso al tramonto dove é finito? Non lo
sento più chiusa dentro la scatola di legno e vetro! Mi manca il mare e non
sento più il rumore delle onde e i gabbiani che volano felici nel cielo! Oh, il
rumore del mare e della risacca, quanto mi manca..."
Il bambino si commosse al sentire il dolore e la solitudine della conchiglia e
le chiese: "Piccola compagna cosa posso fare per porre fine alla tua
tristezza?"
E la conchiglia rispose: "Riportami sulla spiaggia di modo
che io possa ritrovare la mia amica onda e riacquistare la mia libertà ."
"Ma io non ti rivedrò più! E non voglio che sia così!" rispose il
bambino.
"Se davvero mi vuoi bene lasciami libera, sennò ne morirò e tu mi perderai
comunque e nessuno potrà più gioire della mia bellezza e poi, chissà, forse un
giorno potremmo rincontrarci."
Il bambino pianse a lungo insieme alla conchiglia, ma poiché, come tutti i
bambini era saggio, la portò fino sulla
riva del mare e lì la lasciò.
Si allontanò un poco e stette a guardare e quello che vide fu un'onda
meravigliosa avvicinarsi a riva e fermarsi a pochi passi senza frangersi. Gli
pareva quasi che l'onda e la conchiglia parlassero, mentre intorno tutto pareva
essersi fermato, finché un alito di vento sollevò la conchiglia e la adagiò
sulla cresta dell'onda che si voltò e si diresse verso il mare aperto.
Durante il tragitto la conchiglia raccontò all'onda ciò che era successo e come
la cosa che la facesse più soffrire nella prigione di legno e vetro fosse il
silenzio e il non sentire più il rumore del mare.
Commosso da ciò il mare, quello stesso giorno donò a tutte le conchiglie un po'
di sé per fare in modo che quelle prese dagli uomini si sentissero un po' meno
sole.
E' per questo che, ancora oggi, appoggiando una conchiglia all'orecchio si può
sentire il rumore della risacca: quel suono é il dono che il mare ha fatto al
popolo delle conchiglie per alleviare la loro solitudine nella prigionia delle
scatole degli uomini.
Nel frattempo il bambino é cresciuto, é diventato un uomo
senza aver bisogno di diventare per forza adulto e, ricordandosi della sua
conchiglia, é cresciuto forte e saggio.
Oggi é il più grande collezionista di conchiglie del
mondo.
In tutto l'universo non ce n'è uno uguale: ha la più grande e bella collezione
di conchiglie che esista e ... che tiene sparsa sulle spiagge di tutto il
mondo.