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martedì 28 aprile 2015

28 APRILE - SA DIE DE SA SARDIGNA


Con Legge Regionale n.44 del 1993, il Consiglio Regionale sardo ha istituito "Sa die de Sa Sardigna"; il giorno 28 Aprile di ogni anno si festeggia, in ricordo del 28 aprile 1794, il "Giorno della Sardegna".
Ricordiamo gli avvenimenti di quel giorno e di quel periodo, definito dagli storici "la rivoluzione sarda".

Nel corso degli eventi successivi allo scoppio della Rivoluzione francese, la Francia rivoluzionaria aveva sferrato l’attacco ai Savoia, alleati nella confederazione antifrancese. Sotto l’urto delle armi rivoluzionarie i Savoia verranno travolti e scacciati, prima da Nizza e dalla Savoia e poi dallo stesso Piemonte (nel 1799 il re Carlo Emanuele fu costretto ad esiliarsi in Sardegna e risiedette per breve tempo a Cagliari). Dopo l’occupazione di Nizza e Savoia, nel 1792, dovette sembrare ai francesi impresa facile anche l’occupazione della Sardegna.
Il 29 dicembre del 1792 i francesi avevano occupato Carloforte senza colpo ferire e si preparavano ad invadere l’isola. Ma il 17 gennaio 1793 dovettero ritirarsi dall’istmo di Sant’Antioco, grazie alla resistenza dei miliziani sardi; il 20 gennaio la flotta francese fece vela sulla città di Cagliari.
Il 22 gennaio la flotta francese comandata dal Truguet inizia il bombardamento sulla città di Cagliari ed in febbraio hanno luogo le operazioni di sbarco sul litorale di Quartu, I miliziani sardi riescono a resistere agli assalitori, che si ritirano.
A questo punto Vittorio Amedeo III vuole premiare i sardi che gli hanno salvato il trono, ma nell'assegnazione delle ricompense vengono favoriti i piemontesi, cosa che suscita molto malumore. Il re aveva concesso ben misera ricompensa: 24 doti da 60 scudi da distribuire ogni anno per sorteggio fra le zitelle povere; la fondazione di 4 posti gratuiti per il Collegio dei Nobili di Cagliari; la concessione di 2 posti del Collegio dei Nobili di Torino; l’assegnazione di mille scudi annui a beneficio dell’Ospedale di Cagliari. E’ chiaro che tutte queste cose esacerbarono l’animo, prima che del popolo, di coloro che avrebbero meritato di occupare posti di superiori funzioni nel vicereame.
Nobili e borghesi, nell'entusiasmo della resistenza ai francesi, hanno assaporato il piacere del comando, hanno riscoperto il valore delle tradizionali “autonomie” sarde, che i Savoia avevano trascurato e disprezzato.
I nobili cagliaritani si lamentano della lentezza del viceré nella difesa, richiedono che alla nobiltà sarda venga riservata l’assegnazione di incarichi civili e militari, si diffondono idee di cambiamento.
Allora gli Stamenti  (il Parlamento Sardo, costituito dagli Aragonesi nel 1421) si adoperarono per inviare al Re una richiesta dettagliata che rivendicasse i diritti della “nazione sarda”.

LE CINQUE DOMANDE

Nell’estate del 1793 gli Stamenti, pronunciano le Cinque Domande, in un memoriale indirizzato al sovrano:
1- che il Parlamento, mai riunito dai re sabaudi, fosse convocato come già dai re di Spagna, ogni dieci anni;
2- che si riconfermassero gli antichi privilegi del regno;
3- che, fatta eccezione per la carica di viceré, tutti gli impieghi civili e militari fossero concessi esclusivamente a Sardi;
4- che si istituisse un ministero per gli affari della Sardegna in Torino;
5- che si istituisse in Cagliari un Consiglio di Stato che il viceré avrebbe dovuto consultare per l’ordinaria amministrazione.
Sei membri degli stamenti vengono designati a costituire la delegazione che dovrà illustrare il memoriale al sovrano e le Cinque Domande, che sono affidate alla delegazione che si recherà a Torino per essere ricevuta dal re.
Ma le Cinque Domande vengono respinte dal re Vittorio Amedeo, che non ricevette neppure la delegazione sarda!
La resistenza ai Francesi aveva entusiasmato gli animi, perciò ci si aspettava un riconoscimento ed una ricompensa dal governo sabaudo per la fedeltà dimostrata alla Corona; grande fu pertanto la delusione, il malcontento, la rabbia verso i Piemontesi, della quale si fece espressione il Partito patriottico, guidato a Cagliari dagli avvocati  Vincenzo Cabras ed Efisio Pintor.

IL VENTOTTO APRILE

La scintilla che fece esplodere la contestazione fu l'arresto ordinato dal viceré di due capi del partito patriottico,  Siamo appunto al 28 aprile del 1794: intorno all'una di pomeriggio di quel giorno, una Compagnia di granatieri  del reggimento svizzero Schmidt, scende dalla Porta Reale, a Cagliari, dirigendosi verso il quartiere di Stampace. I soldati sono in uniforme di parata: la gente che passa pensa di essere di fronte ad una esercitazione…Ad un certo punto con un passo più veloce, una parte dei soldati si dispongono circondando l'abitazione dell'avvocato Vincenzo Cabras. Venne ordinato l'arresto del Cabras e del genero, Efisio Pintor, anche lui avvocato, considerati dalle Autorità Piemontesi due pericolosi rivoluzionari.
Gli  abitanti del quartiere di Stampace forse i più agguerriti perché i più fieri della propria identità, della propria autonomia, avversi nei confronti del Castello abitato da "aristocratici nullafacenti e piemontesi boriosi", furono i primi ad accorrere sdegnati contro l'arresto. Si aggiungono, poi, i quartieri di Marina e Villanova.
I rivoltosi dei tre Borghi, sbarazzatisi delle Porte che impedivano l'unificazione del movimento, puntarono decisamente su Castello; per ordine dei Viceré e del Generale delle armi si cominciò a sparare cannonate contro i borghi.
Anche tra gli abitanti di Castello vi fu chi appoggiò decisamente la rivolta e con coraggio tentò senza riuscirci, d'impadronirsi dei cannoni.  I rivoltosi con una vera battaglia, con morti e feriti, riescono a "conquistare"  Castello con il  Palazzo Viceregio, uccidendo nello scontro decisivo il comandante delle guardie.

"Procurad ' e' moderare barones sa tirannia"  che vuol dire,  "procurate di moderare (…porre termine) o Baroni la vostra tirannia …….perché altrimenti, per la mia vita, riporterete i piedi per terra: il popolo cagliaritano così cantava l'odio contro i piemontesi e quel giorno costrinse il viceré e i suoi funzionari a rintanarsi nelle loro stanze per il terrore di essere massacrati.

Si giunse comunque ad uno accordo con il Viceré: i piemontesi avrebbero avuto tutti salva la vita e i beni ma tutti (compreso il Viceré) avrebbero abbandonato l'isola.
Il 7 maggio 1794 tutti i piemontesi ed i loro beni furono accompagnati al porto e imbarcati su tre navi. Mentre il Vicerè e i suoi familiari si avviavano al porto, seguiti da una ventina di carri a buoi  carichi di masserizie, la popolazione fece fermare i carri con l’intenzione di portar via il carico; iniziarono a scaricare i carri, quando Vincenzo Sulis, caporione del popolo, convinse  i cagliaritani  a consentire che  i piemontesi portassero via le loro cose, affinché i sardi non apparissero aver fatto la rivoluzione per appropriarsi di quei beni e non per riguadagnarsi la libertà e l’indipendenza. 


Così finiva la grande rivolta del popolo sardo: era il 1794, ricordato nei secoli avvenire come “S’ann’e s’acciappa!” (l'anno della cattura) ed oggi celebrato il 28 aprile di ogni anno come Sa die de sa Sardigna (il giorno della Sardegna).

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